Viaggio nel Piacentino, alla scoperta della Val Nure e dei suoi borghi medievali
Ore 7.55. Partenza da Roma Tiburtina. Destinazione: Piacenza.
Il mattino ha la voce di Lucio Dalla che canta “Cara” in fondo alle mie cuffiette, il sorriso di una bambina che gioca a nascondino dal posto numero 45, la sinuosità di un treno che scivola lungo la campagna laziale e toscana. Vigneti, poi campi di girasoli. Dal Tevere all’Arno, entrambi specchio di un cielo fin troppo indeciso.
Cambio a Bologna. Dal finestrino le diapositive sono quelle di un paesaggio malinconico, avvolto da una leggera foschia. Modena, Reggio Emilia, Parma e, finalmente, Piacenza.
Il comitato d’accoglienza è così composto: due occhi lucidi ed un arcobaleno.
È domenica. Il cuore della città brulica di gente. Ogni tanto alzo lo sguardo e la cornice, quella offerta dal merlato di Palazzo Gotico e dalla Chiesa di San Francesco, mi sembra perfetta.
A Piacenza è tempo di “sbaracco”: lungo le vie del centro storico, da corso Vittorio Emanuele II a via XX settembre, in occasione dell’ultimo giorno di saldi estivi, i commercianti espongono la propria merce a prezzi stracciatissimi.
Da buona siciliana, tuttavia, ho imparato che puoi apprezzare appieno un luogo solo quando ne hai provato la cucina. E i piatti piacentini si lasciano apprezzare davvero con estrema facilità, soprattutto in campagna.
Assai difficilmente dimenticherò le pietanze che si sono alternate sulla tavola di una caratteristica locanda, situata nella verdissima Castione, piccola frazione di Ponte dell’Olio: gli antipasti a base di salumi (primo fra tutti la tradizionale coppa piacentina) accompagnati dall’immancabile torta fritta, e un fantastico tris di primi – tortelli piacentini, nidi di rondine e panzerotti – la cui pasta è rigorosamente stesa a mano. Da provare anche i tipici gnocchetti al sugo di fagioli, i “pisarëi e fasò”, un piatto di origini contadine ottenuto con materie prime essenziali, quali acqua, farina e pangrattato, arricchito da un condimento a base di pomodoro e fagioli e dal sapore inconfondibile del lardo battuto (“pistà ad gràss”).
La leggera brezza che soffia lungo la Val Nure, colonna sonora del pomeriggio, ci spinge fino a Grazzano Visconti, piccolo borgo medievale interamente ricostruito, agli inizi del Novecento, attorno ad un vecchio ed imponente castello, per volontà del Duca Giuseppe Visconti.
L’atmosfera è resa vivace dalla presenza di negozietti, botteghe, esposizioni, ristorantini tipici e persino uno spazio all’aperto dedicato ad iniziative rivolte anche ai più piccoli.
Molteplici le manifestazioni organizzate nel corso dell’anno. Il prossimo 30 settembre si terrà “La notte di Aloisa”, una serata in maschera animata dalla presenza di giocolieri, band musicali e stand gastronomici.
Per chiunque se lo sia chiesto, Aloisa è lo spirito che aleggia nel castello di Grazzano, riconosciuta come “protettrice degli innamorati”, proprio lei che – si narra – in amore non ebbe buona sorte. Ai piedi della sua statua, come buon auspicio, i più romantici lasciano in omaggio campanellini, braccialetti, fiori.
Un ultimo prezioso contributo che rende il borgo ancora più affascinante agli occhi dei tantissimi visitatori.
Al tramonto le vallate piacentine sembrano quasi abbracciarti, in un gioco di luci e ombre suggestivo. E in questo alternarsi di impressioni, complice la buona compagnia e i luoghi fiabeschi, a me è parso davvero di poter stringere il tempo nel palmo della mano e di fermarlo un po’.
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