Altro che Halloween: ecco come i siciliani “festeggiano” i propri morti
Con l’incombere dell’inverno e l’arrivo del primo freddo, puntuali come ogni anno giungono a noi le ricorrenze da festeggiare.
Al sud e soprattutto in Sicilia “far festa” implica non solo tradizione e folklore ma anche tanto “calore”, quel calore che la gente del posto riesce a dare alle proprie festività. La prima fra queste è proprio l’attesa e sentita Festa dei Defunti.
Tale ricorrenza ha origini antichissime e in Sicilia è appunto proprio una delle festività più sentite. Tradizione vuole che la notte tra l’ 1 e il 2 novembre i defunti vadano a visitare i propri cari portando ai bambini dei doni.
Così in tutte le città siciliane la mattina del 2 novembre, giorno dei defunti, i bambini trovano il cesto con i dolci tipici.
All’alba del 2 novembre, ogni bimbo dell’Isola salta dal letto e si mette a frugare nei luoghi più impensati della propria casa, alla ricerca di tutto ciò che i suoi morti le hanno lasciato: la bambola, il carrozzino, il giocattolo sempre più moderno.
Ad Erice, i defunti escono dalla Chiesa dei Cappuccini, a Cianciana in provincia di Agrigento, escono dal Convento di S. Antonino dei Riformati; a Partinico, presso Palermo, indossano un lenzuolo e, a piedi scalzi recando una torcia accesa e recitando litanie, percorrono alcune strade cittadine.
Anche nel Catanese, e per la precisione ad Acireale, durante la ricorrenza dei morti si usa che girino per la città indossando un lenzuolo funebre, e rubando i doni ai venditori per poi darli ai bambini.
In questi primi due giorni di novembre, inoltre, la commemorazione dei defunti assume connotati esponenziali ed i cimiteri ed ogni luogo che ospita l’eterno riposo è letteralmente preso d’assalto da chi anche soltanto con un solo fiore tra le mani, vuol ricordare il proprio caro estinto!
La festa dei morti in Sicilia viene ancora oggi vissuta con allegria, e sebbene l’usanza di cercare i doni per casa sia ormai pressoché svanita, quello che rimane è invece il colorato mondo dolciario che ruota intorno al 2 novembre.
Dai pupi di zucchero (in passato a forma di bambola o paladino, oggi trovabili nelle fogge più svariate) alle ossa dei morti (biscotti duri speziati con la cannella), dalla celebre frutta di martorana (pasta di mandorla decorata) ai tetù & teio (altri biscotti a base di cacao o glassa di zucchero) passando per i taralli (morbide ciambelle coperte di glassa al limone), il croccante di frutta secca e le rame di Napoli (biscotti ricoperti di cioccolato, semplici o ripieni di marmellata di albicocche o crema di cioccolato).
In alcune parti dell’isola, per la festa dei morti si è soliti preparare anche la cosiddetta muffoletta, una calda pagnotta che la mattina della commemorazione dei defunti viene cunzata con olio, sale, pepe e origano, filetti di acciuga sott’olio e qualche fettina di formaggio primosale.
Come già detto, la commemorazione dei fedeli defunti ha origini remote e appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti.
Amalario, nel secolo IX, poneva già la memoria di tutti i defunti successivamente a quelli dei santi che erano già in cielo. È solo con l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny che questa data del 2 novembre fu dedicata alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, per i quali già sant’Agostino lodava la consuetudine di pregare anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati quelli senza suffragio. In conclusione come diceva il caro Sciascia rispondendo alla domanda “cosa è una festa religiosa in Sicilia?”, non possiamo non citare un suo pensiero: “Sarebbe facile rispondere che è tutto, tranne che una festa religiosa. È innanzitutto una esplosione esistenziale….”
“….Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super io, per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città.”
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