Alla scoperta di Alicudi, l’isola viola delle Eolie
La vostra Patti Holmes, a meno di un mese dalla fine di questa calda estate, vuole condurvi nell’isola viola delle Eolie, nota anticamente come Ἐρικοῦσσα per la gran quantità di eriche che la ricoprivano e tuttora la ricoprono, conferendole il caratteristico colore. Di quale delle sette sorelle Eoliane sto parlando? Di Alicudi, miei cari Watson.
I suoi abitanti, gli Arcudari, sono all’incirca 100 e tra questi troviamo una folta comunità di tedeschi che, fuggiti dalla chiassosa mondanità, si sono rifugiati nella sua parte più alta, la Montagna, a quasi 1000 gradini dal mare, sospesi tra cielo e terra. Le caratteristiche casette di Alicudi, di forma cubica e imbiancate a calce, spuntano tra ripide scalinate e verdi fichi d’india. La loro posizione, ai nostri occhi così scomoda, rimanda a un passato costellato da frequenti incursioni di barbari e pirati che costrinsero gli uomini a rinchiudere le proprie compagne nel “Timpone delle femmine”, luogo protetto e quasi inaccessibile.
L’isola, se arrivate all’alba o al tramonto, vi sembrerà materializzarsi dal nulla e immediatamente, come un cantastorie, inizierà a raccontarvi le tante leggende che la abitano e invitano a liberarsi dalla razionalità e a lasciarsi trasportare dalle suggestioni. Chi avrà il coraggio di lasciare alle spalle la certezza del visibile, vivrà emozioni mai provate e potrebbe, all’improvviso, ritrovarsi tra mahare, indovini e oracoli in grado, a detta degli isolani, di bloccare tempeste, leggere il futuro, parlare con dèmoni e santi; oppure intravedere, di notte, donne che spiccano il volo dai loro balconi, dopo aver bevuto una mistura di acqua e bacche nere.
Verità o fantasia? I sognatori continueranno a sperare di vedere il cielo solcato da giovani e anziani intenti a volteggiare nell’aria come stormi di gabbiani; i più razionali, invece, documentandosi, scopriranno che gli Arcudari durante la guerra, restati totalmente isolati e ormai senza più scorte di grano, si trovarono costretti a panificare con la segale in cui, però, si era insinuato un fungo allucinogeno che, a detta degli studiosi, sarebbe stato la causa delle allucinazioni trasformate in affascinanti storie.
L’isola, però, offesa dalle resistenze dei più realisti nel lasciarsi stregare, potrebbe prendersi gioco di loro e fargli sentire un inspiegabile e ripetuto pianto di neonato che altro non è che il verso delle berte, i suoi uccelli stanziali. Chiudo con le parole di Elio Zagami, psichiatra nato a Messina e grande frequentatore di Alicudi, che così la descrisse: “Sappiate che c’è un’isola remota, ma remota davvero. Si chiama Alicudi. Quando sei nell’isola, quando vuole lei, a volte si spinge indietro e lontano diventando così improvvisamente remota da lasciarti esiliato da lei”.
Dalla vostra Patti Holmes, alla prossima.
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